L'accompagnamento di persone con problemi di dipendenza dura di solito diversi anni. La persona alcoldipendente avvicenda fasi di consumo più o meno accentuato (astinenza, consumo problematico, dipendenza) e, di solito, si rivolge alla medica o al medico generalista a causa di disturbi collaterali. Questa relazione di lunga durata permette sovente una migliore adesione alla terapia, anche se non (o non sempre) si riesce a raggiungere l’obiettivo dell’astinenza.
Per le diverse possibilità terapeutiche (ad es. disintossicazione, terapia a lungo termine) esistono diverse opzioni farmacologiche.
Le conseguenze somatiche sono sempre un buon pretesto per aprire la discussione con la/il paziente sulla funzione svolta dall’alcol nella sua vita, sulle sue abitudini di consumo e sui vantaggi e svantaggi che tutto questo comporta.
Gli obiettivi della medica o del medico generaslita dovrebbero orientarsi in funzione dell’effettiva capacità di cambiamento di cui la/il paziente può dar prova al momento. Oltre all’astinenza, si possono prendere in considerazione anche altri obiettivi, eventualmente intermedi, in una prospettiva di riduzione del danno, ad es. il consumo controllato.
Particolarmente importante è un approccio adeguato alle situazioni di ricaduta. Apprendere le tecniche per condurre una discussione di questo tipo (ad es. colloquio motivazionale) può tornare utile alla medica o al medico anche in altre situazioni complesse, nelle quali la/il paziente presenta un’adesione variabile alla terapia e sintomi psicosomatici (ad es. casi di ipertensione, diabete o sovrappeso).
Se si sospetta una comorbilità psichica (ad es. disturbi d’ansia, depressione, sindrome da deficit di attenzione e iperattività ADHD) è opportuno chiedere la consulenza di una/un collega psichiatra.
La medica o il medico generalista dovrebbe evitare di interrompere la terapia cedendo a un moto di rabbia o frustrazione perché quanto affermato dalla/dal paziente non corrisponde alle sue osservazioni. Sovente la persona dipendente prova sentimenti ambivalenti e anche una certa vergogna, ma è molto raro che il suo unico scopo sia mentire.
È utile adottare un approccio che non perda di vista la soluzione perseguita ma che accetti di avanzare a piccoli passi; non bisogna rinunciare, insieme alle persone direttamente coinvolte, a mettere in comune le risorse a disposizione; gli obiettivi formulati devono essere appropriati, e la/il paziente va sostenuta/o nel suo cammino di guarigione.
Gli incontri riservati alle specialiste e agli specialisti offrono l’opportunità di scambiare esperienze tra colleghi. Nel caso di pazienti "difficili", inoltre, una gestione in comune con un servizio regionale specializzato può essere una buona soluzione.
Oggi è raro che si prenda in considerazione la possibilità di collocare a lungo termine in un appartamento protetto o in un’altra struttura speciale (cfr. offerte di aiuto) persone dipendenti isolate socialmente, le cui capacità cognitive risultano compromesse da molti anni di consumo.